1 Settembre 2008

Ore 14:00 Passaparola di lunedi 1 settembre

Come ogni lunedì, ore 14:00, vi invito ad ascoltare l'appuntamento in streaming sul mio blog di Marco Travaglio: Passaparola.

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31 Agosto 2008

Il mio intervento a Firenze

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Alla festa del Partito Democratico ho ricevuto numerosi applausi ed ovazioni. La prima reazione incredula dei giornalisti e politici è stata che io avessi portato con me la tifoseria. Non sono abituato a questo comportamento e neanche loro sono abituati a quello che è successo. Nessuno vuole capire che si tratta semplicemente di consenso dei cittadini. I cittadini sono stanchi di questa politica, cercano soltanto qualcuno che li rappresenti. Ed io, in questo momento storico, li rappresento.

Bianca Berlinguer: Che cosa è successo? Solo qualche mese fa il Partito Democratico e l'Italia dei Valori si erano presentati assieme alle elezioni e avevano fatto il patto che avrebbero confluito dopo il voto in gruppi parlamentari comuni. Adesso, qualche volta, il nemico sembra più Veltroni che Berlusconi.
Antonio Di Pietro: Certo. Con questo sistema dell'informazione che guarda sempre lo stuzzicadente e mai la trave alla fine il male dell'Italia è che l'Italia dei Valori e il Partito Democratico hanno un atteggiamento diverso rispetto al concetto di opposizione. Credo che il male del Paese è chi fa del male all'Italia e non di chi lo segnala, con più determinazione da parte dell'Italia dei Valori e con più sostanza come il Partito Democratico, questo lo valuteranno gli elettori.
L'Italia dei Valori, rivolgendomi a Moretti, non fa parte dell'opposizione distruttiva. Distruttiva è quell'opposizione che si ricorda ogni tanto di dire “come vanno male le cose”. E' un po come chi viene in questo palco e parla. Se oggi qua parliamo è perché qualcuno ha acceso la luce, ha portato l'acqua, ha messo le sedie, una realtà che lavora dietro. Io faccio parte di quella categoria di persone che non si limitano a criticare, ma che si bagnano le mani tutti i giorni per cercare di cambiare le cose. Per questo faccio opposizione, che non è distruttiva: è un opposizione per impedire che il modello berlusconiano di governare distrugga il Paese. Credo quindi di rivendicare, rispetto a quello che dice Moretti, una opposizione seria, concreta, coerente, determinata e chiara nel linguaggio. Distruttiva è quell'opposizione che rinuncia, che si arrende, che parla soltanto una volta ogni tanto in modo pseudo acculturato, e non mi rivolgo di certo a Moretti, che rispetto, stimo e ringrazio.
La verità è che in un sistema democratico per essere un alternativa a Berlusconi bisogna prendere la prossima volta non dico il 60, ma almeno il 50 più uno per cento. Piaccia o non piaccia il Partito Democratico ha bisogno dell'Italia dei Valori e viceversa. Gli italiani hanno bisogno di una coalizione riformista che si assuma un impegno di governo. Molte persone mi dicono che sto facendo un accordo con Rifondazione Comunista. Non ho nulla contro Rifondazione, anzi, penso che molte volte quei bravi comunisti di un tempo erano da apprezzare di più rispetto a tanti preti spretati. Penso anche, sul piano politico, che nel momento in cui il segretario di Rifondazione ha deciso di stare all'opposizione, noi dell'Italia dei Valori, che per definizione siamo nati e vogliamo svilupparci per contribuire ad un ricambio generazionale della classe politica, che puoi cambiare quando sei dentro le istituzioni e fuori alle opposizioni, riteniamo che il dialogo non è solo necessario, ma doveroso. Il problema è cosa bisogna fare per costruire un'alternativa.
Dobbiamo prendere atto di una cosa. Moretti dice che Berlusconi “ha conquistato la testa ed il cuore degli italiani”. Avessi io le sue televisioni, i suoi giornali, i suoi conflitti d'interessi conquisterei più io di lui. Deve finire questa storia di dire che quello è bravo: a fare l'imprenditore come fa lui sono bravo pure io. Quello che ha fatto con Alitalia ero capace pure io di farlo: le cose buone, la polpa, le da agli amici suoi, la parte cattiva, i debiti e gli operai da mandare a casa, li rifila ai contribuenti italiani. Sono capace pure io a fare l'imprenditore che invece di consegnare le frequenze di Rete4 al legittimo proprietario se ne frega e si fa le leggi sue per tenersela in modo indebito e illegittimo. A fare l'imprenditore cosi sono capace pure io.

Claudio Sardo: Volevo entrare un po nel merito, visto che l'Onorevole Di Pietro ha lanciato la strategia di una convergenza futura delle opposizioni attuali. Alle elezioni avevate preso l'impegno davanti agli italiani che il giorno dopo le elezioni avreste fatto un gruppo unico. Questo non è avvenuto, evidentemente perché ci sono delle distanze nel merito. Queste distanze nel merito volevo farle oggetto di domanda. La giustizia: lei ha fatto un intervento caricando ancora una volta sull'antiberlusconismo. La giustizia e Berlusconi sono i temi dominanti per costruire l'opposizione di oggi?
Antonio Di Pietro: Volutamente ho introdotto il tema economico dell'Alitalia e il tema dell'informazione, non ho introdotto il tema della giustizia. Non ne ho parlato apposta, proprio perché l'antiberlusconismo non è soltanto un problema di diversità di vedute sul tema di giustizia. E' il modello di governo che sta portando avanti che non condividiamo, sul piano economico, della solidarietà, sul piano della trasparenza, dell'informazione e delle riforme costituzionali. Se poi qualcuno mi fa una domanda sulla giustizia e io non rispondo dite che mi arrendo, se invece rispondo parlo sempre di giustizia. Non fatemi più questa domanda e non vi rispondo più. Quanto al concetto di antiberlusconismo, sono parte di una formazione politica di opposizione e al governo c'è Berlusconi, a chi devo fare opposizione?
Questa storia del giustizialismo e del garantismo sono finte affermazioni per non affrontare il tema nella loro realtà. Chi è giustizialista? Vorrei capire il termine che si vuole dare. Chi vuole giustizia, e cioè che le regole siano uguali per tutti, grandi e piccini, non è ne di destra ne di sinistra. E' come dire che il garantismo è di sinistra, ma le garanzie non devono essere ne di destra ne di sinistra.
Oggi, quando sono entrato, tutti quanti stavamo ascoltando il discorso di Obama. Idealmente mi ritrovo in quella persona, in quel modello, ma vi ricordate voi qualche anno fa vi guardavate dall'America invece che dalla Russia? Avete visto com'è cambiato il mondo? Vuol dire che bisogna avere l'intelligenza di seguire l'evoluzione della società. Quanti di voi potevano immaginarsi di battere le mani all'America invece di battere le mani al baffone? E' successo perché è cambiato il mondo, diciamo le cose come stanno: stiamo meglio con un Obama che con un Putin. Il Putin di oggi non è il modello sociale che sognavano i nostri padri, è un altra realtà.
Che cosa voglio dire? Credo che dobbiamo mettere da parte questa idea di destra e sinistra sul piano ideologico. Il modello riformista del Paese che vogliamo deve mettere insieme libertà e legalità. Nel rispetto della legge ci sono più opportunità per tutti, sapete quante tasse in meno pagheremo se tutti pagassero le tasse?

Claudio Sardo: Avete scelto di fare la vostra battaglia d'autunno sul Lodo Alfano, quando non c'era nessuna necessità dal punto di vista temporale di fare adesso la raccolta di firme. Voi il referendum sarete costretti a farlo per legge nel 2010. Perché raccogliete adesso le firme? Questo da ragione al fatto che volete caratterizzare su questo tema la vostra iniziativa politica, probabilmente per lanciare le campagne elettorali in Abruzzo, in Trentino e nelle amministrative su questo tema.
Antonio Di Pietro: Permettetemi di dirlo qua dentro. Si farà nel 2010, ma si poteva fare nel 2009 se insieme al modulo della vostra petizione si metteva anche il modulo per la Lodo Alfano. In un mese si potevano fare tutte e due, e mi dispiace che non si sia fatto.

Bianca Berlinguer: Il problema del quorum è molto serio. Se nel referendum prevalessero i no o non si raggiungesse il quorum, non sarebbe la consacrazione definitiva per Berlusconi? Non rischia di diventare un boomerang di peso quello del referendum sul Lodo Alfano anche se è una battaglia di principio?
Antonio Di Pietro: Credo che quando c'era Mussolini se quelli che facevano la resistenza avessero pensato che non potevano raggiungere il quorum non ci sarebbe stato nessuno a fare il partigiano. Credo che ci siano battaglie di minoranza, ma soprattutto battaglie di principio. Bisogna seminare per raccogliere, nessuno potrà pensare di raggiungere un risultato se non si impegna.
Oggi c'è un terreno di sfiducia, di amarezza e di incredulità verso la politica da parte dell'elettorato italiano, tanto che si è avvicinato a quello che apparentemente gli poteva promettere qualcosa: “si è arricchito lui, magari arricchisce pure noi”. Questo è il messaggio subliminale che è stato mandato.
Credo ci siano battaglie di principio che vanno affermate perché piano piano, in questo terreno incolto che è diventato una giungla va ripulito, ci va messo un sano concime di legalità, di pari opportunità, di solidarietà. Credo che ci debba essere qualcuno che deve cominciare, perché se nessuno mai comincia nessuno mai arriva a destinazione.
In un tema cosi importante come quello dello Stato di diritto e della legalità non possa essere discusso in termini numerici di maggioranza o minoranza, ma in termini di principio e di sacrifici. Ribadisco l'impegno che vogliamo mettere su questa battaglia che vogliamo portare avanti.

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30 Agosto 2008

Alitalia ad personam

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Missione compiuta”, ha detto l’altro giorno il Presidente del Consiglio Berlusconi a proposito di quello che lui ha definito “salvataggio Alitalia”. Alla faccia del salvataggio. Ieri il Consiglio di Amministrazione della compagnia ha dichiarato lo “stato di insolvenza” che vuol dire portare i libri in Tribunale. Un fallimento insomma. Certo, non sul piano formale del tecnicismo giuridico, ma sul piano sostanziale è proprio così.

Anzi peggio: il Governo Berlusconi ha emanato un apposito decreto legge (pomposamente chiamato “Marzano bis”) in cui ha previsto che – a differenza delle normali procedure di insolvenza – i beni, il patrimonio e le attività di Alitalia (es. aerei, strumentazione, immobili etc.) possono essere venduti subito, anche “a spezzatino”, senza nemmeno esplorare la possibilità che ci possa essere qualche acquirente – tipo fare Air France qualche mese addietro –disposto a rilevare l’azienda e, quindi, a salvaguardare sia la funzionalità della stessa sia il posto di lavoro ai dipendenti.

Anzi peggio ancora: ha espressamente previsto che il neo Commissario straordinario, l’ex Ministro del Governo Prodi Augusto Fantozzi (un altro transfuga opportunista che, come Giuliano Amato, si è messo pure lui “a disposizione del nuovo padrone”) possa, da subito, cedere, vendere, affittare (insomma farci quello che vuole) i beni, le attività ed i rami d’azienda produttivi, il tutto a “trattativa privata”, cioè nel chiuso di una stanza come se fosse roba propria. Certo, il decreto dice che il “prezzo non deve essere inferiore a quello di mercato”, ma anche questa “accortezza” è un’altra presa in giro. Di “quale mercato parliamo” se il bene da vendere è uno solo e la vendita avverrà una ed una sola volta? L’unico modo per avere un “prezzo di mercato” è fare una vendita a “gara pubblica”, in modo da sapere se ci sono due o più acquirenti disposti a gareggiare fra loro al miglior prezzo.

Ancora peggio: il decreto Berlusconi-Marzano prevede– udite, udite – “l’esonero di responsabilità degli Amministratori e dei Sindaci di Alitalia e di tutte le società controllate (una miriade) per tutti gli atti posti in essere dal 18 luglio 2007 all’entrata in vigore del decreto legge”. Insomma, Berlusconi – imparata la lezione che si possono fare le leggi ad personam – ha esteso questo concetto: non più solo per sé, come è avvenuto per il lodo Alfano, ma anche per altre specifiche persone nominativamente indicate. Chi non vorrebbe fare il manager a queste condizioni. E gli eventuali creditori (fornitori, dipendenti, piccoli azionisti etc.) che sono stati “gabbati” con chi se la devono prendere?

Peggio, peggio ancora: è stato previsto che gli unici creditori ammessi al fondo di garanzia (per quel poco che può coprire) sono gli azionisti e gli obbligazionisti di Alitalia. Il solito vizio berlusconiano di fare leggi incostituzionali. Qualcuno dovrebbe spiegargli che – così facendo - egli ha violato il principio della “par condicio creditorum” e, quindi, la normativa emanata ha pure rilevanti profili di incostituzionalità.

Il peggio del peggio: il “decreto-truffa” – perché di truffa si tratta, dapprima elettorale ed ora imprenditoriale – prevede “l’esclusione della responsabilità dell’acquirente per i debiti sorti prima del trasferimento”. Traduzione: quei furbacchioni di compratori che acquisteranno i beni aziendali, i rami di azienda attivi e gli altri “spezzatini appetitosi” rinvenienti dallo “spacchettamento” di Alitalia non dovranno preoccuparsi che qualcuno un giorno possa chiedere loro di pagare i debiti o i pegni o le ipoteche gravanti su tali beni o attività. Loro comprano già e subito “al netto”, senza alcun rischio aziendale.

Già ma chi paga tutto questo, soprattutto chi paga l’indebitamento di circa 1 miliardo e duecento milioni di euro in cui versa la compagnia e chi paga i 300 milioni di “prestito-ponte” fortemente richiesto da Berlusconi prima delle elezioni per poter trovare – così disse lui – un buon compratore nostrano di Alitalia? Nessun problema: paga “Pantalone”. Pagano cioè tutti gli italiani, in quanto questi debiti – anzi, tutti i debiti, anche quelli che ancora non si conoscono – saranno a carico delle casse dello Stato, vale a dire dei cittadini contribuenti. A carico loro saranno anche i “7 anni di cassa integrazione” previsti per il personale in esubero, ovvero circa 6-7 mila dipendenti.

E chi ci guadagna? Il fior fiore degli imprenditori italiani, anzi degli imprenditori “all’italiana”, che poi sono per lo più ben noti alle cronache: alcuni riciclati di Mani Pulite, alcuni finanzieri d’assalto a cui non frega niente di far volare gli aerei ma interessa il business che ci gravita attorno, palazzinari alla ricerca di aree intorno agli aeroporti e dietro le compagnie di bandiera. Tutti accomunati da un unico desiderio: fare affari, profittando della “cuccagna” che viene loro offerta, con la garanzia anticipata che non dovranno nemmeno rispondere alla giustizia un domani – né civilmente né penalmente - alla faccia di quella che una volta si chiamava “bancarotta preferenziale” e che ora, di fatto, nel nostro caso viene abolita “a futura memoria”.

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29 Agosto 2008

La mia storia attraverso le sentenze

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"Fai il tuo dovere e pagane le conseguenze", mi disse mia sorella Concettina il giorno dopo l’omicidio di Paolo Borsellino, allorché io – preoccupato per quel che stava succedendo – trasferii a lei la mia angoscia. Era il 19 luglio 1992 ed ero nel pieno dell’attività di "Mani Pulite". Poco dopo arrivò in Procura una segnalazione dei R.O.S (Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri) che segnalava – come destinatario di possibili attentati mafiosi – anche la mia persona. Giovanni Falcone era stato ammazzato il mese prima. Ora è solo un ricordo ma all’epoca c’era realmente di che preoccuparsi in quanto stavano venendo fuori collegamenti a iosa fra la "migliore imprenditoria del Nord", la più "blasonata politica romana" e "incalliti mafiosi" di Cosa Nostra.
Mi aggrappai alla saggezza di mia sorella e andai avanti.

Con l’andare del tempo e con l’avanzamento dell’inchiesta, mi resi conto, invece, che avevo poco da temere sul piano fisico in quanto l’inchiesta Mani Pulite aveva una sua specificità rispetto ai reati mafiosi: i magistrati palermitani dovevano partire necessariamente dal “fatto criminale” per risalire al “mandante” o al “movente politico”. “Mani Pulite”, invece interveniva direttamente sui politici. Nell’uno e nell’altro caso, entrambi – i politici e i mafiosi – avevano interesse a fermare le indagini e ad evitare qualsiasi travaso di investigazioni dall’uno all’altro campo, ma mentre i mafiosi usarono l’esplosivo per fermare i giudici, i politici ricorsero ad una soluzione grazie a Dio meno dolorosa: la delegittimazione e la denigrazione.

L’obiettivo mi apparve subito evidente: rendere poco credibile l’inchiesta Mani Pulite, dapprima criminalizzando l’attività giudiziaria che stavo svolgendo (con accuse ingiuste come arrestare innocenti, costringere al suicidio le persone, svolgere indagini in modo parziale al fine di favorire alcuni e danneggiare altri), poi con una vasta indagine retrospettiva sulla mia persona, alla ricerca di qualche neo (e chi non ne ha?) per farlo diventare un “bubbone immondo” da additare al pubblico disprezzo, infine costruendo a tavolino – scientemente e con dispendio di mezzi e di energie – veri e propri falsi dossier con storie inventate di sana pianta o comunque malevolmente ricostruite e raccontate in modo così suadente e sapientemente pubblicizzate da renderle apparentemente credibili.

Il 6 dicembre 1994 mi toccò togliere la toga di dosso e dedicare tutte le energie per difendere il mio onore nell’unico modo che sapevo fare: nelle aule giudiziarie, che frequentai per anni sia per dimostrare la mia correttezza professionale che la mia innocenza personale.
Nel frattempo, e per dare un nuovo scopo alla mia vita, ho cominciato a fare politica, convinto come ero e come sono che i “mali della politica” potevano essere curati solo con l’impegno civile, in quanto il magistrato arriva solo quando la “frittata è fatta” e solo per scoprire il colpevole.
Ho pensato – e ci credo ancora – che bisognava impegnarsi per un ricambio generazionale della classe dirigente, unico modo per ottenere un modello comportamentale diverso e più dignitoso del modo di fare politica.
Per questo ho costituito l’Italia dei Valori, cercando da una parte di aprire il partito a tutti coloro che vi mostravano interesse e dall’altra di preservarlo dagli arrembaggi di ciurme e profittatori.
Con sommo dispiacere dei miei detrattori, sono riuscito a costruire un partito che c’è e che – nel Paese e nel Parlamento – sta facendo il suo dovere e fa sentire la sua voce, tanto che la fiducia ed il consenso cresce giorno per giorno.

La conseguenza, sul piano personale, è purtroppo che la stagione della denigrazione e delle contumelie continua ed anzi è ripresa con maggiore veemenza e peggiore virulenza di prima.
Ogni giorno mi sento piovere addosso accuse di ogni tipo. Sembra quasi che tutti i guai d’Italia siano avvenuti o avvengano per colpa mia, tanto che quasi tutti i partiti, i politici e i “commentatori professionisti” fanno a gara nel dirsi fra di loro: “sto con te a patto che non stai con Di Pietro”.

Ho deciso allora che dedicherò una parte di questo Blog per raccontare “la mia verità”. Non la verità, secondo le mie parole però, per evitare che qualcuno possa pensare che siano parole di comodo. Ma la “verità processuale”, secondo le sentenze e gli altri provvedimenti che i giudici – di volta in volta – hanno emesso in relazione ai tanti fatti ed ai tanti eventi che – nel bene e nel male – mi hanno visto protagonista. Trattasi di centinaia di atti e quindi è necessario un “racconto a puntate”.
Ad intervalli regolari, perciò, pubblicherò ad uno ad uno questi provvedimenti giudiziari, con un mio personale commento e con la possibilità – da parte di chi avrà la voglia o la pazienza di leggerli – di commentarli a sua volta.

Comincerò dalla vicenda di Fabio Salomone, di cui pubblico la “Sentenza della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura” n. 2/98 del 16 gennaio 1998 in cui si “dichiara il dr. Fabio Salamone responsabile della incolpazione ascrittogli al capo A - vale a dire responsabile del fatto che non si fosse astenuto dallo svolgere indagini su di me- e gli infligge la sanzione disciplinare dell’ammonimento-” (così testualmente il dispositivo).

Continua a leggere "La mia storia attraverso le sentenze"

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28 Agosto 2008

Il referendum come dovere morale

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Qualche mese fa abbiamo aperto nel portale dell'Italia dei Valori un'area di dialogo tra parlamentari e cittadini. Il 19 agosto ho ricevuto un quesito da parte di Davide Romano che sotto riporto. Davide ha dubbi sulla ragionevolezza di una raccolta di firme per un referendum che a suo avviso si presenta "in salita". Non si può rinunciare ad una battaglia per paura di perderla, altrimenti l'hai già persa. Se per di più è una battaglia che rappresenta un dovere morale, io, il mio partito, i miei sostenitori e tutti coloro che nutrono questo sentimento non possono rifiutarsi di provare. Poche centinaia di spartani fermarono centinaia di migliaia di persiani alle Termopili anche se per poco e rimettendoci la vita.

Caro Presidente Antonio Di Pietro, ho 34 anni e sono un elettore dell'IDV. Condivido tutte le sue battaglie, specie sulla giustizia. Le sottoscrivo in pieno. Tuttavia ho da raccomandarle più intelligenza politica. Attualmente l'Italia dei Valori sembra isolata da tutte le forze politiche anche di opposizione. Così non riusciremo a incidere e rischiamo la marginalità. Che senso ha, mi scusi, attaccare così spesso il PD? L'inclinazione ad apparire, ad ogni costo, "puri e duri" in politica non paga. Dovremmo a mio modesto avviso essere più duttili nella forma rimanendo fermi nella sostanza. I nostri avversari sono coloro che capeggiati da Berlusconi vogliono cambiare le leggi a proprio piacimento e spaccare il paese con un federalismo punitivo. Si può dissentire da Veltroni ma non è il PD il nostro avversario politico. Un'ultima cosa: ma siamo proprio sicuri di voler continuare sulla strada del referendum abrogativo per il lodo Alfano? E se non riusciremo a raggiungere il quorum, tutto ciò non si trasformerà in un micidiale boomerang per noi e in una clamorosa opportunità di rivalsa per Berlusconi? Se può mi risponda. Cordialmente Davide Romano

Caro Davide, Realacci e altri illustri esponenti del PD hanno detto che il referendum è sbagliato perché c’è il rischio di non raggiungere il quorum. Questo è vero, ma non farlo significa perdere sicuramente ma soprattutto ci sono battaglie di civiltà che vanno combattute comunque per una questione di coscienza, e questa è una di queste. Mi sembra che il PD abbia le idee molto, molto confuse e questo non fa altro che aiutare Berlusconi. Noi abbiamo, invece, le idee chiare: non vogliamo il Lodo Alfano.

A Vasto, dal 12 al 14 settembre, illustreremo i tempi, modalità, luoghi ed organizzazione per la raccolta delle firme.

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27 Agosto 2008

L'avaria Alitalia

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Ieri ho fatto alcune dichiarazioni sul caso Alitalia alle agenzie di stampa. Ho affrontato la questione in diversi articoli di questo blog, che troverete in calce a quest’ultimo.

La questione Alitalia rappresenta una truffa colossale che a tratti durante questi tristi mesi di agonia della società ha sconfinato anche nell’illegalità, oltre che far precipitare la già poco rosea immagine internazionale di questo Paese ai minimi storici. Ricorderete che definii l’interferenza di Silvio Berlusconi sulla trattativa Air France Alitalia un vero e proprio atto di insider trading.

In campagna elettorale, Silvio Berlusconi promise di rimettere in piedi la compagnia di bandiera e di avere una cordata tutta italiana pronta e disponibile all'acquisto nel giro di quattro settimane come scrisse Il Giornale. Anche qui mentiva. Ma quella menzogna costò cara al popolo italiano, e ai dipendenti di Alitalia mal consigliati anche dai loro “protettori”, i sindacati. Dopo aver preso ai cittadini 600 miliardi delle vecchie lire per un contributo a fondo perduto alla compagnia di bandiera, oggi Berlusconi e' promotore interessato di una nuova compagnia che a costo zero sfrutta il marchio e le rotte del vettore Alitalia, scaricando i debiti sullo Stato e su una miriade di piccoli azionisti che perderanno tutto.

Grazie a Berlusconi perderanno il lavoro 7000 dipendenti, qualcuno in più di quelli previsti da Air France (si parlava di circa 2100 esuberi). Quello che accadrà è semplice, ancora una volta i debiti di Alitalia e della Bad Company ricadranno sui cittadini, allo stesso tempo nascerà una nuova compagnia utile a Berlusconi e ai suoi amici del cuore.

Ma il governo insiste e Tremonti, Ministro dell’Economia, tuona: “Ci hanno lasciato due disastri: Napoli e l’Alitalia. Il primo Berlusconi lo ha risolto a fine luglio, domani risolvera’ Alitalia”. Per Napoli non basta dire “è risolta” dopo aver spazzato due strade del centro città ed inoltre le responsabilità di quella situazione perpetrata con un decennio di governi alternati non è stata mai affrontata rimuovendo le cause politiche. La seconda, Alitalia, questo governo l’ha aggravata e l’aggraverà a spese dei cittadini.

Non sono contrario al fatto che la compagnia Alitalia rimanga "italiana", come qualcuno può pensare, a patto che lo sia nel rispetto delle regole del libero mercato e nel rispetto degli interessi dei cittadini italiani e non di una cerchia ristetta di privilegiati.

Leggi anche:
Alitalia: miracolo posticipato
La cordata menzogna
Sulla pelle del Paese
Alitalia: basta illudere i cittadini

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26 Agosto 2008

Come la penso su...

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Riporto una mia intervista pubblicata sul Secolo XIX di oggi dove rispondo ad alcune domande sull'alleanza con il Partito Democratico, sul referendum contro il Lodo Alfano, sul rapporto dell'Italia dei Valori con la società civile e i movimenti, su Beppe Grillo e altro ancora.

Secolo XIX: Onorevole, come vanno i suoi rapporti con il Pd? Ormai non passa giorno senza un qualche screzio o un rimbrotto reciproco?
Antonio Di Pietro: Bisogna prima capire cosa è il Pd e poi riusciremo a capire quali rapporti ci possono essere tra noi.

Secolo XIX: In che senso?
Antonio Di Pietro: Nel senso che, rispettosamente, attendo si compia un processo politico in corso, un processo che mi pare ancora imperfetto. Ma non dimentico mai e vorrei non lo dimenticasse neanche il Pd che il nostro avversario politico è Berlusconi. E' per questo che reputo un errore la scelta di non partecipare con noi alla raccolta delle firme contro il lodo Alfano. Mica per altro: mi sarebbe piaciuto fossero stati al nostro fianco nelle piazze italiane.

Secolo XIX: Anche senza il Pd, lei non rinuncia alla campagna d'autunno. E' convinto di farcela comunque?
Antonio Di Pietro: Ma certo non avremo problemi con le firme. Tutto è pronto: l'operazione partirà il 12,13 e 14 settembre a Vasto dove ci sarà il nostro congresso. I moduli sono in corso di stampa e abbiamo formato le squadre che sono già pronte a mobilitarsi in 120 piazze d'Italia. E c'è di più: all'inizio di ottobre organizzeremo una grande manifestazione e, in quella settimana, contiamo di raccogliere almeno 100'000 adesioni. All'inizio di gennaio le 800'000 firme saranno in Cassazione.

Secolo XIX: Lei è ormai diventato un'icona di girotondini e movimenti. Si sente a suo agio?
Antonio Di Pietro: Noi abbiamo un rapporto solido con la società civile e con i movimenti. Ma non basta fare i girotondi. Bisogna trasferire certe istanze nella politica attiva: crediamo che, nei movimenti, ci siano persone di valore in grado di rappresentare una valida alternativa a certa classe politica. Ed è per questo che, alle prossime elezioni europee, apriremo le nostre liste: riserveremo il 70 o l'80 per cento dei posti nelle liste dell'Idv agli esponenti della società civile e dei movimenti.

Secolo XIX: In autunno, si rimetterà in moto anche Beppe Grillo con il nuovo tour 2008. E' una coincidenza che gioca a suo favore?
Antonio Di Pietro: Apprezzo molto quello che fa Grillo, anzi meno male che c'è lui. Semmai è la politica ad essere latitante. Grillo non sbaglia: è come un radiologo che ti segnala una malattia. E, se c'è un male, che si fa? Non si chiude il centro diagnostico, ma si trova la cura giusta.

Secolo XIX: Qui tutti cercano un approccio bipartisan alle riforme. Ma lei proprio non ci crede alla possibilità di dialogo con il Cavaliere?
Antonio Di Pietro: E' incredibile che il governo ci chieda sulle riforme un consenso a scatola chiusa, su testi che non si conoscono. Noi non sappiamo cosa c'è dietro la porta. Ma, in generale, le dico una cosa: se li conosci, li eviti.

Secolo XIX: L'ultima sulla giustizia è che la Lega propone il pm eletto dal popolo e c'è Ghedini che apprezza. Cosa ne pensa?
Antonio Di Pietro: E' un americanata. Ma si immagina in Italia gli aspiranti giudici che se ne vanno in giro a fare campagna elettorale? E come faranno a conquistare il consenso in posti come Plati, Corleone o Locri?

Secolo XIX: Un'ultima cosa: si continua a parlare di un suo giornale, a maggior ragione che ora Travaglio e altri sono entrati in rotta di collisione con la nuova direzione dell'Unità. Conferma o smentisce?
Antonio Di Pietro: Io non ne so nulla e nessuno me ne ha parlato. Detto questo, aggiungo: magari si facesse un nuovo giornale in grado di raccogliere le voci libere rimaste in circolazione.

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25 Agosto 2008

Voglia di informare

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Il controllo dell’informazione è il punto chiave con cui viene garantita la continuità di tutte le dittature, anche quelle dolci, come la nostra. E’ lo strumento, che opportunamente manovrato, consente di manipolare la coscienza e l’opinione di una nazione. La politica questo lo sa benissimo e conosce i meccanismi per garantirsene il controllo.

Non a caso il quattro volte Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è proprietario di tre reti televisive, di cui una, Rete4, trasmette grazie ad un occupazione abusiva delle frequenze. Non a caso sempre Silvio Berlusconi esordì con “L'editore Ciarrapico ha giornali importanti a noi non ostili ed è assolutamente importante che questi giornali continuino ad esserlo” quando volle candidare al senato Giuseppe Ciarrapico condannato in via definitiva per ricettazione fallimentare e bancarotta fraudolenta.

Non a caso i partiti politici influenzano le principali testate di informazione attraverso l’assegnazione di finanziamenti pubblici all’editoria di partito e non. Non a caso assistiamo ogni legislatura al penoso teatrino per l’assegnazione delle poltrone di comando della televisione di stato. Per ricambiare, la controparte, giornali e televisioni devono garantire che le prime pagine dei giornali e i tg nazionali diano massimo spazio per divulgare opinioni, dichiarazioni panino, mezzibusti, gossip familiari, ritiri vacanzieri e letture preferite dei VIP della politica.

Se un cittadino si soffermasse su queste considerazioni dovrebbe rassegnarsi a vivere “in un coma della coscienza”. Per fortuna non accade. Qualcosa sta cambiando. Ce ne rendiamo conto navigando in rete, o leggendo qualche articolo sfuggito al controllo della redazione, o guardando qualche trasmissione “ribelle” ma comoda agli indici di ascolto (su cui solitamente poi fioccano querele e richiami di redazione il giorno seguente).

Oggi leggendo i commenti dell’articolo Giustizia: lo specchio per le allodole, mi ha colpito quello di Paolo Papillo . Paolo si definisce un precario camionista e nel tempo libero partecipa alla vita politica di questo Paese con pc e cellulari. Il suo è un piccolo contributo ma è espressione di un informazione libera, fatta dai cittadini che non si rassegnano. Paolo è un cittadino che vuole e spera che le cose possano cambiare perché la rete tiene sveglia la sua coscienza.

Riporto il commento di Paolo Papillo:

"E le ferie sono finite, per chi le ha fatte. Io precario camionista non so cosa siano le ferie retribuite. Ricomincerò la mia battaglia contro la falsa informazione, perché il popolo che non sa è un popolo che non si arrabbia.
Io sono uno e molto non posso fare. Faccio il camionista e parto la notte tra domenica e lunedi e ritorno il venerdi notte casa. Il fine settimana lo dedico alla mia famiglia ed al riposo e qualche volta pure alla politica. Sinceramente mi pesa non poter fare di più specialmente per questo momento drammatico per il nostro paese. Un paese che vedo andare alla deriva in mano ad una cosca di affaristi e abitato da una popolazione in gran parte composta da menefreghisti. E allora cosa mi sono inventato per cercare di fare sentire la mia voce di dissenso? Con un pc portatile e 4 telefoni cellulari, nelle ore che devo stare fermo con il camion, mando mail e faccio telefonate nelle trasmissioni radiotelevisive che ci consentono di andare in diretta. E li “grido” tutta la mia rabbia e indignazione. Non è molto quello che faccio ma sempre meglio di nulla. Pensate se fossimo in migliaia a fare la stessa cosa. Finite le ferie riprenderò la mia battaglia contro la falsa informazione, sperando che qualcuno mi supporti. Stare solo nei blog è come canatarsela e suonarsela da soli. E' a quelli che non frequentano la rete che dobbiamo spiegare e fare capire a cosa stiamo andando incontro
."

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