Peccato che non sia in commercio. Se la ristampassero come manuale per orientarsi
nel mondo del lavoro, la richiesta di arresto dellinchiesta
di Potenza sulla "holding del malaffare" che a
Roma gestiva appalti, nomine, e rimborsi fiscali sarebbe
destinata a un sicuro successo. Nelle carte siglate dal
pubblico ministero Henry John Woodcock si possono trovare
insegnamenti validi per tutte le professioni, dal giornalista
al diplomatico, dallimprenditore allavvocato.
Con ununica avvertenza. Il manuale va letto al contrario.
Senza dare retta a chi lha scritto. Quel procuratore
con la faccia dangelo, il nome da stopper britannico
e la moto da enduro è un cattivo maestro.
Il neolaureato dovrà dare ascolto invece agli inquisiti,
segnarsi le massime intercettate dalla guardia di finanza
e poi guardare la carriera che hanno fatto dopo linchiesta.
Lambasciatore Umberto Vattani, per esempio. Dopo avere
raccomandato persone poco raccomandabili per la ricostruzione
in Iraq ha visto salire le sue quotazioni. Lo hanno prima
proposto alla guida della Biennale di Venezia e poi nominato
segretario generale della Farnesina. Tony Renis, invece,
ha cercato disperatamente di sponsorizzare un imprenditore
presso Tremonti. Il suo fine, secondo la procura di Potenza,
era quello di convincere lerario a pagare qualche
milione in più agli amici degli amici. Alla faccia
dei contribuenti. Forte di queste benemerenze al nostro
è stato proposto prima listituto di cultura
italiano a Los Angeles e poi la direzione del festival di
Sanremo.
Dallalto della sua autorità morale ha così
selezionato i cantanti "senza ascoltare le raccomandazioni
dei politici" come ci hanno informato i due maggiori
quotidiani nazionali. Perbacco, ci mancherebbe altro. Uno
come Tony Renis. Allaspirante giornalista bisogna
consigliare invece il capitolo dedicato ad Anna La Rosa.
Dopo avere ricevuto orologi tempestati di brillanti da padroni
di cliniche che poi pubblicizzava in trasmissione, la falsa
grassa di Telecamere (Dagospia dixit), ha continuato tranquillamente
a dirigere i servizi parlamentari della Rai. Per non parlare
di Antonio Marzano. Il ministro delle Attività produttive
ha trasformato le crisi aziendali in crisi familiari: Ernesto
Marzano, suo fratello è accusato di vendere le nomine
di competenza del ministro, in particolare quelle dei commissari
per le grandi imprese in crisi. Eppure nessuno ha chiesto
le dimissioni o uno straccio di chiarimento in famiglia.
Anzi. Marzano si sta occupando della maggiore crisi del
secolo, quella della Parmalat, speriamo senza laiuto
del fratello.
Linchiesta di Potenza scatta una foto a tradimento
al retrobottega della seconda repubblica. Il "naufragio
della coscienza civica", per dirla con Borrelli è
evidente e inquietante non tanto per la grandezza dei fatti
quanto per la piccolezza delle conseguenze. La novità
non è la malattia italiana ma lassenza di anticorpi.
I quotidiani, con leccezione di lUnità,
hanno quasi ignorato il caso preferendo pubblicare le foto
del magistrato napoletano con i capelli al vento sulla sua
moto. Il messaggio subliminale del ragazzino scapestrato
che punta i vip per elevarsi al loro livello è passato.
Il Riformista ha potuto gioire perché nessuno si
è scandalizzato e si è preso pure lo sfizio
di sbertucciare Woodcock per il significato delle parole
inglesi che compongono il suo cognome. E lopposizione?
Muta.
Eppure gli spunti non mancavano: cè Francesco
Storace che interviene sul presidente dellIacp per
fare avere un appartamento in affitto a Paola Guerci, ex
assessore di An in Provincia. E quando quello gli fa presente
che cè un altro in fila (non un povero ma un
politico, Gianfranco Zambelli di Forza Italia), Epurator
lo zittisce così: "Di Zambelli non me ne frega
un amaro cazzo".
Per non parlare dei rapporti tra Gasparri e limprenditore
Roberto Petrassi. Un tipino che si vanta di essere un ladro
e vorrebbe diventare tanto un riciclatore e poi si permette
di scrivere una letteraccia a Maurizio Gasparri (chissà
se spedita) perché non lo abbraccia allo stadio.
Inizia così: "Ho dalla mia unincontestabile
e lunga amicizia", e chiude: "Chiedo spiegazioni".
Per questa storia la Procura di Potenza aveva mandato gli
atti al Tribunale dei ministri. Perché secondo lipotesi
accusatoria Gasparri avrebbe informato Petrassi delle intercettazioni
a suo carico. Se ne vantava lo stesso Petrassi con due amici.
Ma la Procura di Roma ha ritenuto infondata laccusa
e ha archiviato a tempo record. Insomma, ci sarebbe di che
azzannare ai polpacci la destra per le sue frequentazioni
ma la sinistra non azzanna, perché non può
azzannare.
Anche lex segretario del Ppi Franco Marini e il braccio
destro di Massimo DAlema, Nicola La Torre sono stati
indagati a per favoreggiamento. Secondo il pm avrebbero
allertato il patron del Perugia calcio Luciano Gaucci (anche
lui indagato) e il suo braccio destro Carlo Lancella sulle
intercettazioni.
A questo punto una precisazione si impone: tutti gli indagati
smentiscono le ipotesi del pm. Le richieste di arresto non
erano corrette, quasi sempre per ragioni di competenza ma
talvolta anche nel merito. Probabilmente tutte queste persone
non andavano arrestate ma questo non giustifica la congiura
del silenzio. Se non sono reati, restano fatti. Fatti gravi
che meritano di essere raccontati. A partire dal caso del
segretario generale Umberto Vattani.
Vattani
e lamico di Hammamet
I veri protagonisti dellinchiesta non sono i politici ma gli imprenditori
romani Carlo Lancella e Roberto Petrassi. Entrambi si occupano
di appalti delle pulizie, sono amici di molti politici e
fanno un sacco di soldi. Lancella, già vicepresidente
del Perugia di Gaucci ed ex collaboratore di Franco Marini,
ha casa in via del Babuino e lufficio in via Barberini,
Petrassi ha lufficio a piazza Farnese e gestisce la
palestra più in di Roma, quella dellHilton,
frequentata da stelle e potenti. Un altro personaggio chiave
è lavvocato Roberto Marraffa, in contatto per
diversi affari sia con Petrassi che con Lancella. Sono proprio
Marraffa e Lancella a tirare dentro lambasciatore
Umberto Vattani. Tutto inizia quando Gianni Pilo, lex
sondaggista di Berlusconi che ha lasciato la politica, decide
di importare gas dalla Tunisia. È la liberalizzazione,
bellezza. Come è già accaduto per la telefonia
chiunque può fare concorrenza allEni stringendo
accordi con i paesi produttori.
Ci vogliono però gli appoggi giusti in Italia e nel
paese straniero. A Roma Pilo punta su Umberto Vattani, contattato
tramite lavvocato Marraffa. A Tunisi, invece, si rivolge
a un altro ex politico che si è dato al business:
Pierluigi Polverari. Socialista craxiano, Polverari dopo
essere incappato in alcune inchieste (da cui è uscito
bene) si è trasferito ad Hammamet nel 1995 e si occupa
di promozione delle imprese italiane. Ha una villa vicina
al suo leader e il figlio, Marco, ha costituito una società
insieme a Bobo Craxi a Tunisi. Il 10 febbraio 2003 Pilo
invia a Pierluigi Polverari una bozza di mandato per perorare
la causa di E.Noi. Il tempo stringe. Il via libera del ministero
dellEnergia di Tunisi deve arrivare prima del 31 marzo.
A Roma intanto si discute già di percentuali.
Carlo Lancella intercettato nel suo ufficio dal Gico della
Guardia Finanza di Roma dice: "Se questa ipotesi, attraverso
le sue pressioni si realizza, lamico Pilo dà
10. Di questo dieci, cinque va a Vattani, giusto? 2,5 va
a te. 2,5 al mio ufficio. Daccordo?". Marraffa
è perplesso. La quota riservata a Vattani, gli sembra
troppo alta. In assenza di riscontri si può anche
ipotizzare che Lancella millanti per poi incassare lui la
quota di Vattani. La fornitura è rilevante: "Sono
120 miliardi, ma a noi non ci fa impressione questo. Noi
in questo momento forniamo la città di Cesena, 70
mila abitanti", spiega Pilo a Marraffa. Finalmente
il 20 febbraio si arriva allincontro decisivo: Umberto
Vattani alle 18 e 45 arriva allHarrys bar di
via Veneto seguito alla spicciolata da Gianni Pilo Carlo
Lancella, il suo amico Tommaso Olivieri e Roberto Marraffa.
Secondo il magistrato di Potenza "nel corso di tale
incontro come si desume chiaramente dalle conversazioni
riportate i menzionati personaggi definiscono evidentemente
nel dettaglio i termini economici del loro accordo assicurando
a coloro che interverranno e quindi in particolare allambasciatore
Vattani un consistente ritorno economico come corrispettivo
della sua preziosa attività". Laffermazione
del pm non ha però trovato un riscontro certo e si
basa sullascolto delle telefonate successive. La sera
stessa Vattani alle 23 e 15 chiama Pierluigi Polverari in
Tunisia e gli dice: "Pronto, Pierluigi, il nostro amico
Sanguini se ne va a Riyadh ce lo togliamo dalle palle".
È la notizia del trasferimento dellambasciatore
Sanguini, un funzionario con la schiena dritta che si ostinava
a non volere aiutare Polverari nei suoi affari tunisini.
Dopo pressioni da Roma, interrogazioni parlamentari di Forza
Italia contro di lui, Sanguini, che pure era in corsa per
una direzione generale, viene invece spedito da Frattini
in Arabia, una sede tra le più pericolose. La notizia
è accolta come una benedizione dallex parlamentare
Polverari: "Benissimo, grazie mhai fatto un regalissimo".
Poi in coro commentano con Vattani: "Una bella notizia,
bellissima". Il giorno successivo, Lancella chiama
Vattani e dopo avere parlato della data migliore per un
loro viaggio a Tunisi ("evidentemente riferendosi a
quanto convenuto il giorno prima allHarrys",
chiosa il pm Woodcock) Vattani dice: "Tieni presente
che oggi hanno mandato via quello a Riyad ed è una
cosa buona comunque", "ad ulteriore conferma",
dice il pm, "del fatto che il trasferimento dellambasciatore
Sanguini rappresenti un passaggio importante per lintervento
del Vattani".
La
ricostruzione in Iraq e Il cigno dei Parioli
Laffare del gas alla fine non decolla ma Vattani
apprezza il modo in cui Roberto Marraffa si muove. Decide
di farlo inserire tra i consulenti del Governo italiano
per la ricostruzione in Iraq. Il 19 maggio del 2003 chiama
il consigliere DAuria che deve stilarne lelenco:
"Ho parlato tempo fa con Antonio Badini [ex direttore
generale per il Medio Oriente] delle questioni dellIraq,
lui aveva sentito come esperto giuridico che è abbastanza
forte in questi campi, lavvocato Marraffa. Lui mi
chiedeva di sapere se poi veniva inserito in quellelenco".
DAuria risponde: "Lo abbiamo in adeguata evidenza".
"Dovrebbe andare in porto", conclude Vattani chiedendo
di tenerlo informato. Marraffa si sente forte. Quando chiama
Badini, per fissare un appuntamento insieme a DAuria,
si permette di fissarlo a un bar invece che alla Farnesina.
Il bar si chiama "Il cigno".
Marraffa si vanta così con il suo amico Pilo: "È
stato il massimo: a due ambasciatori gli ho dato Il cigno,
ah ah
". Woodcock chiosa: "Tale circostanza
è oltremodo sintomatica della portata dellintervento
di Vattani il quale facendo leva sulla propria influenza
ed autorevolezza pone di fatto il ministero degli Affari
esteri a disposizione di Marraffa (e di Pilo) il quale detta
le condizioni della propria nomina a due alti funzionari
della Farnesina convocati presso il bar sotto
casa". Marraffa avrebbe dovuto svolgere unattività
di controllore delle imprese impegnate in Iraq.
E secondo il pm anche in tale caso assume
fin dallinizio "un atteggiamento di svendita
della propria funzione a favore dellamico Pilo, lasciando
chiaramente intendere che lincarico in oggetto sarà
finalizzato a favorire la società E.Noi proprio in
relazione allo sfruttamento del gas presente in Iraq".
La versione di Roberto Marraffa è diversa: "Non
ho ricevuto alcun incarico da parte del ministero degli
Esteri. Con lambasciatore Vattani, se mi passa il
paragone, ho solo ballato senza concretizzare nulla. Con
Gianni Pilo abbiamo solo applicato le direttive del Governo
che vuole gli ambasciatori come promotori delle imprese
italiane allestero. Solo questo chiedevamo a Vattani".
Il
servizio pubblico di Anna La Rosa
Il gas è però una sorta di diversificazione, il vero affare per
la "holding criminale" è quello del commercio
dei crediti. Il meccanismo è semplice: gli enti pubblici
invece di ostinarsi a chiedere soldi al debitore, possono
cedere il credito a un privato a un valore più basso
del nominale. Il rischio è retribuito con uno sconto.
Ma se il rischio, grazie alle informazioni interne, è
ridotto si possono guadagnare diversi milioni di euro facilmente.
Il tesoro più importante è quello dei crediti
della Federconsorzi. Proprio per favorire lacquisto
di un credito Federconsorzi da 200 milioni di euro al prezzo
dasta di 25 milioni di euro entra in gioco Anna La
Rosa.
Secondo il pm Woodcock, la conduttrice tv "utilizza
il programma televisivo in onda sulla televisione di Stato
e lenorme potere mediatico dallo stesso derivato per
il patrocinio e la cura degli interessi particolari e di
regola illeciti di imprenditori e di uomini senza scrupoli
(come appunto il Lombardi, lOlivieri, il Lancella
e il Petrassi) impegnati appunto in traffici illeciti"
Anna La Rosa incontra il giudice fallimentare Tommaso Marvasi
(non è indagato), che si occupa della Federconsorzi.
Tommaso Olivieri, amico di Anna La Rosa e di Lancella racconta
così lesito dellincontro: "Il cugino
di Marvasi è un ginecologo, antagonista di Antinori
per cui lei gli ha predisposto nella sua trasmissione quindici
minuti di intervento. Quindi il risultato è facile
no?". Lancella risponde giustamente: "Bisogna
vedere che rapporto cè tra i due cugini".
Comunque, anche se Marvasi non si smuove, Anna La Rosa vuole
fare qualcosa per i suoi amici e chiede: "Non serve
che parlo pure con Alemanno che oggi lo devo vedere?".
A volte salta il confinetra attività di lobby e lavoro
per la Rai. Il 7 ottobre scorso al telefonino Anna La Rosa
chiede al re delle cliniche romane, editoredei quotidiani
Libero e il Riformista, Giampaolo Angelucci: come stai?
Limprenditore la investe così: "Bene,
levato che mandi i servizi del Santa Lucia de
Faroni e il mio non lo mandi". Angelucci
non ha gradito la messa in onda di un servizio che riguarda
una clinica di un suo rivale. Ci si aspetterebbe una risposta
degna di un giornalista del servizio publico e invece Anna
La Rosa garantisce ad Angelucci una collocazione ottimale
del servizio sullasua clinica: "La tua va domenica
perché come saprai, tu che sei un ragazzo molto più
intelligente perfino di me, ovviamente più andiamo
in là con il palinsesto autunnale e più aumenta
lascolto.
Per cui la tua va domenica questa". Nelle scuole di
giornalismo insegnano che bisogna svolgere ruolo di cane
da guardia dei potenti. Anna La Rosa sembra invece un delizioso
barboncino di compagnia. Scodinzola così al telefono
con Angelucci: "Laltra sera ero a cena con molti
banchieri, imprenditori e a un certo punto mi sono messa
come faccio sempre a fare il comizio delle tue lodi".
Una passione ricambiata come Anna La Rosa confida a Tommaso
Olivieri: "Lo sai cosa maveva regalato lui per
il 23 luglio? Un orologio rosa con i brillanti".
Il suo è uno stile. "Ha detto Chicco Gnutti
che non farà più nulla senza consultarmi",
si pavoneggia con il suo amico Tommaso Olivieri: "Stasera
sono a cena con Fiorani (numero uno di Banca Popolare di
Lodi) cè anche Masera del San Paolo e poi Luciano
Benetton, Pier Domenico Gallo di Meliorbanca, Alessandro
Profumo, Luca di Montezemolo, Diego Della Valle, siamo in
ventiquattro, lho organizzata io in quattro e quattrotto".
Anna mette a disposizione le sue conoscenze quando gli amici
lo chiedono. Per esempio interviene sullamministratore
di Telecom Italia Riccardo Ruggiero, dopo una puntata di
Telecamere in cui era ospite, per perorare la causa di una
compagnia telefonica minore che non riusciva a pagare il
dovuto a Telecom. E quando viene a sapere che lavvocato
di Telecom pretende comunque il pagamento (dicendo che ha
lautorizzazione di Ruggiero) lei sbotta: "Adesso
chiamo subito Ruggiero. Lo chiamo immediatamente".
E sono proprio gli imprenditori che le chiedono i favori
a ripagarla con doni importanti. Le pagano per esempio il
catering per una festa kitsch nel luglio 2003. "A tal
proposito numerose conversazioni intercettate proprio sullutenza
di Olivieri hanno permesso di accertare che nello stesso
periodo [in cui interveniva sul magistra to Marvasi] e cioè
a luglio 2003, Anna La Rosa chiederà e otterrà
che Giovanni Lombardi (interessato allaffare Federconsorzi
Ndr) paghi una parte del catering della festa fatta dalla
stessa Anna La Rosa, corrispondendo una cifra pari a 12
mila euro. Un versamento che secondo il pm
non ha nulla che vedere con uno spontaneo e grazioso atto
di liberalità". La Rai, la stessa Rai che ha
sospeso Raiot e messo sotto procedimento disciplinare il
curatore della trasmissione Andrea Salerno, ha sorvolato,
i politici di centrosinistra continuano a sedersi sui suoi
divanetti e il senatore di An Gustavo Selva è arrivato
a complimentarsi ironicamente per il garantismo dei vertici.
Il
mercato delle nomine
"La nomina di una persona vale 600 milioni messi
subito sul tavolino. Dopo di che partecipiamo ad un 30 per
cento del movimento che avverrà
".
Anche con Ernesto Marzano, il fratello di Antonio, il potente
ministro per le Attività produttive, Roberto Petrassi
era abituato a parlare chiaramente. Ernesto infatti era
luomo che gli permetteva di concludere gli affari
migliori. Nessuno aveva un ascendete sul ministro pari al
suo. Nemmeno Tony Renis che, come risulta dalle intercettazioni,
tutti o quasi trattavano con deferenza a causa della sua
amicizia con Silvio Berlusconi.
E poi a Ernesto Marzano far soldi interessava davvero.
Gli investigatori del gico della guardia di finanza se ne
accorgono il 13 febbraio del 2003 quando le microspie nascoste
negli uffici di Roberto Petrassi registrano una conversazione
che spiega come lui, Marzano e Carlo Lancella tentassero
di vendere le nomine ministeriali, in particolare a fare
gola erano i posti di commissario giudiziario nelle grandi
aziende in amministrazione straordinaria. Per legge la nomina
spetta al ministro per le Attività Produttive e il
giudice fallimentare di regola, si limita a ratificarla.
Ecco allora perché il fratello di Marzano diventa
importante. Ecco perché professionisti, imprenditori
ed avvocati tentano di contattarlo.
Nelle intercettazioni dellinchiesta di Potenza Patrassi
ed Ernesto Marzano ricostruiscono la storia delle imprese
del gruppo Eldo (una catena di negozi di elettronica) e
del gruppo Costaferroviaria (produzione di materiale rotabile)
delle quali vorrebbero diventare commissari due avvocati
legati al presidente del Perugia Luciano Gaucci. A puntare
allincarico di commissario della Costamasnaga, unazienda
della Costaferroviaria, sarebbe Roberto Marraffa. Secondo
Petrassi, potrebbe sganciare una sorta di tangente da 600
milioni. Per soddisfare i suoi desideri Petrassi prima si
rivolge a Tony Renis, poi discute della cosa con il fratello
del ministro, sorpreso per lintervento del cantante.
"Tony Renis è andato da mio fratello?",
domanda sorpreso e quando si sente rispondere che "sì,
Tonino è andato al ministero", si offre subito
dintervenire: "Le cose", dice, "vanno
martellate luna sullaltra". Petrassi però
nicchia. Con Tony Renis sostiene di aver già "preso
un impegno", teme l"accavallamento"
delle pressioni. Ma Ernesto Marzano è irremovibile.
Vuole essere "messo in squadra" perché
così parlerà del caso della nomina dellavvocato
Marraffa con suo fratello durante un viaggio in Grecia programmato
per il giorno successivo. "Tu sai", dice a Petrassi,
"che io debbo andare a Salonicco [dove era inprogramma
una conferenza ministeriale europea]. Io francamente a Salonicco
non ci vado [non ho voglia di andarci] ma se cè
una pizza [una tangente] di questo genere, ci vado".
Lobiettivo dei due è mettere le mani sui 600
milioni. Un giochino tentato e fallito di un soffio qualche
mese prima. Sempre secondo le parole di Petrassi, ancora
in attesa di riscontri, un altro professionista, lavvocato
Giovanni Bruno, dopo essere riuscito ad ottenere a soli
trentanni la nomina a commissario giudiziale del gruppo
Eldo, si è rifiutato di versare quanto promesso.
Gli uomini della lobby di piazza Farnese sostengono che
dopo aver ottenuto la poltrona Bruno è sparito dalla
circolazione e che quando finalmente gli è stato
contestato il mancato pagamento lui ha risposto di essere
stato nominato grazie alla sponsorizzazione del sottosegretario
alla presidenza del consiglio Gianni Letta.
Marraffa, invece, si tira indietro prima. Non vuole più
essere nominato nonostante lincarico preveda una retribuzione
di oltre un miliardo di vecchie lire. La ragione? Petrassi
e Lancella non capiscono. Per il pm Marraffa è stato
probabilmente avvertito dellindagine in corso. Marraffa
replica: "Non ho mai saputo nulla dei soldi da versare
a questi signori che straparlavano alle mie spalle. Non
sapevo nulla dellinchiesta ma ho saputo solo che su
Petrassi giravano brutte voci e mi sono tirato indietro".
Comunque almeno un affare al fratello di Marzano e allamico
Petrassi va in porto: secondo la procura riusciranno ad
ottenere 100 milioni da un industriale piemontese. Si chiama
Vittorio Farina, Petrassi vuole da lui 100 milioni. È
il compenso dellintervento di Ernesto Marzano per
evitare il coinvolgimento di Farina in un fallimento milanese.
Il 3 marzo Petrassi telefona al braccio destro di Farina,
Bruno Nottola e gli dice: "Dì al tuo capo, con
cui io non parlo più, che dopodomani per quella operazione
di Milano pago 100 milioni
me li deve portare, si
preparasse per portarmerli". Per dare urgenza e peso
alla sua richiesta Petrassi millanta di avere anticipato
di tasca sua. E subito cerca il fratello del ministro raccomandandosi,
nel caso in cui Farina o Nottola lo chiamassero, di stare
al gioco: "Hai capito, se ti arriva una telefonata
non mi sbugiardare
" dice. Petrassi conosce i
suoi polli. Puntualmente Farina tenta di mettersi in contatto
direttamente con Ernesto Marzano per cercare di abbassare
la richiesta di denaro. Il fratello del ministro telefona
così a Petrassi chiedendo come comportarsi.
e Petrassi gli ordina: "No, tu [gli dici ] guardi ho
un appuntamento con il signor Petrassi domani mattina perché
devo firmare cento carte, dica al dottor [Farina] che mi
faccia trovare tutti i documenti". Alla fine Farina
secondo il pm manda il suo braccio destro
Nottola a consegnare i soldi allo stadio, durante la partita
della Lazio. Ma Nottola nega.
Tony Renis tra due carabinieri in una foto scherzosa.
Al cantante però è capitato davvero di essere
fermato, anche se solo per poche ore. Avvenne nel gennaio
del 1980, quando fu interrogato dal giudice Imposimato
su alcune circostanze del finto sequestro Sindona
Dimmi
quanto quanto quanto
Non sarà certo questa inchiesta a smuovere Tony
Renis. Non gli fece paura un arresto del giudice Ferdinando
Imposimato per la sua reticenza a parlare dei suoi amici
di Cosa nostra americana, nel lontano 1980, figurarsi le
inchieste della procura di Potenza sulle nomine e sulle
cessioni di crediti. Eppure limmagine del direttore
del festival, da questa inchiesta esce a pezzi. L
amico del cuore che lo mette nei guai stavolta non è
un mafioso ma nemmeno uno stinco di santo, ma è Roberto
Petrassi. E questo è il suo autoritratto al telefono:
"Tutti abbiamo un prezzo. Me lo insegnano 50 anni di
strada. Commercialmente siamo tutti uguali, siamo solo ladri,
perché se no i soldi non li fai mai, è chiaro?.
O ti chiami ladro o ti chiami poveraccio. Sono due le cose.
Quindi noi abbiamo una forma di rubare che è una
forma autorizzata sotto certi casi. E quegli altri invece
sono ladri perché rubano le mele al mercato e vanno
in galera. A noi è più difficile che ci mettono
in galera. Io ho attraversato tutta mani pulite, mani prepulite
le ho passate tutte. Sono stato il più grosso gruppo
di Roma, in galera non ci sono mai andato né sono
stato incriminato perché le cose io sono abituato
a farle bene".
Petrassi, è un imprenditore di successo nel settore
delle pulizie, proprietario di un albergo in Polonia. Si
definisce amico di Storace e Gasparri, è stato socio
di Caltagirone nellemittente Teleregione, si accompagna
con una soubrettina Rai e si vanta di pranzare con un cardinale
che diverrà Papa (non diciamo il nome per carità
di patria) e con imprenditori del calibro di Mezzaroma e
Cecchi Gori. Gestisce la palestra più trendy di Roma,
quella dellHilton e conosce tutti. Non solo nello
spettacolo. Petrassi è il tipico romano becero ma
simpatico, che dice a unamica: "Io voglio riciclare,
magari che fosse
mi dici ah Robè, cho
un miliardo sporco siccome non lo voglio versare
Va
bene lo verso io in Svizzera. Quanto voi? Settecento milioni?
Il 30 per cento? Questo è e tiè. Che me frega
da dove cazzo vengono?". Concetto ribadito allamico
Carlo Lancella.
A lui chiede disperatamente: "Ma questi che riciclano
dove stanno? Li voglio riciclare io i soldi. Ma che cazzo
me frega". Tony Renis per lui è un "fratello".
Peccato non gli presenti nessuno dei suoi vecchi amici americani.
Gli affari che devono fare insieme riguardano invece i crediti
della Federconsorzi.
Il 27 marzo del 2003, Roberto Petrassi incontra due imprenditori
del suo giro, Giovanni Lombardi e lavvocato Guido
Torelli. Hanno acquistato un credito della Federconsorzi
verso lerario del valore nominale di 75 milioni di
euro per circa 26 milioni. Sono già andati al ministero
per chiedere lincasso. Il direttore generale del ministero
delle Finanze addetto ai rimborsi, Attilio Befera, senza
sapere quello che cera dietro la vicenda, si è
detto disponibile a pagare a saldare il credito con 57 milioni
e mezzo di euro. Lombardi e Torelli dovrebbero stappare
una bottiglia di champagne: hanno guadagnato senza far nulla
21 milioni di euro (la differenza tra quanto versato agli
amministratori pubblici della Federconsorzi e quanto incasseranno
dallerario). Anche Carlo Lancella, che pure ne ha
viste tante, esclama: "È uno scandalo"
Ma Torelli e Lombardi non si accontentano. Befera vuole
almeno pagare a rate.
Loro però hanno bisogno di liquidi. Per questo chiedono
a Petrassi di trovare qualcuno che intervenga sul ministro
Giulio Tremonti per ottenere un pagamento immediato e magari
superiore. Se Petrassi riuscirà a ottenere un pagamento
immediato pari a 59 milioni, sono disposti a cedere 3,5
milioni di euro. Se otterrà ancora di più
gli daranno il 50 per cento del surplus. A questo punto
Petrassi mette in pista il suo amico Tony Renis "che
non ha bisogno di Tremonti perché chiama Berlusconi
e gli dice: a Silvio non mi stare a rompere il cazzo".
Mister "Quando Quando Quando" così si trasforma
improvvisamente in mister "Quanto, Quanto, Quanto".
Secondo il pm Woodcock "nella conversazione che segue
il cantante conviene con Petrassi che il prezzo dellintervento
è ancora troppo basso e va ritoccato
prima che Tony entri in azione". Ecco cosa dice Tony
Renis al telefono: "No senti Roby ho dato uno sguardo
alla cosa
ti volevo dire che
quello che ci riconoscono
su cinquantanove è praticamente un due e mezzo per
cento". Petrassi lo tranquillizza: "Difatti secondo
me va tutto raddoppiato". E Renis conferma: "E
certo".
Il cantante è di parola. Contatta il portavoce di
Tremonti Lorenzo Mingolla e gli chiede di intervenire sul
ministro. Sembra che tutto fili per il verso giusto tanto
che il 3 aprile 2003 Renis dice a Petrassi: "Incrociamo
le dita
per quanto riguarda noi
oltre i 60 come
siamo rimasti daccordo eh
" e Petrassi lo
interrompe: "
dunque rimane uno e mezzo più
la differenza tra 60-65
50 per cento". Il giorno
dopo Petrassi comunica ai suoi referenti che "il personaggio
ha accettato di fare lintervento alle condizioni da
noi richieste e che risponderà in senso positivo
tra domani e lunedì. Noi abbiamo chiesto 65".
Il 5 aprile però arriva la doccia fredda. Mingolla
fa dietrofront: "Questa cosa rischierebbe di fraintendere
il mio ruolo allinterno del ministero
e quindi
ti consiglio vivamente di dare tutto in mano a un legale
di agire in via legale". Renis non crede alle sue orecchie.
Mingolla sa benissimo che se si passa per gli avvocati e
per le vie legali lui non guadagna nulla. Insiste un po
ma quando capisce che Mingolla è irremovibile sbotta:
"Va bene ho capito il messaggio
quindi non sei
più disponibile per certe cose. Devo trovare altre
strade
Va bene andrò comunque dal mio amico
presidente a chiederlo. Non lo volevo fare per non dargli
ulteriori rompimenti di coglioni".
Il pm Woodcock, che aveva richiesto larresto di Tony
Renis e di Renzo Mingolla, rigettati dal gip, ha una sua
teoria sul voltafaccia. Il portavoce del ministro fu informato
da qualcuno in tempo reale di avere il telefono sotto intercettazione.
In una conversazione del 4 aprile, un giorno prima del dietrofront
con Renis, Mingolla "comunica esplicitamente al suo
interlocutore di avere il telefono sotto controllo, circostanza
della quale sarebbe stato avvertito da qualcuno quella stessa
mattina, "appena sceso dallaereo".
A quel punto Renis però non si dà per vinto
e cerca laggancio con Tremonti tramite Aldo Brancher,
sottosegretario vicino sia a Bossi che a Tremonti. Non lo
conosce nemmeno ma nel giro di due settimane lineffabile
Tony è nel suo ufficio. Appena uscito chiama il suo
amico Petrassi e gli comunica il buon esito dellincontro.
"Brancher a detta del millantatore Renis",
spiega il pm, "avrebbe immediatamente chiamato il dottor
Ferrara, capo dellAgenzia delle Entrate per convocarlo
al fine di parlargli del caso prospettato dal cantante".
In realtà il rimborso è stato bloccato. La
società Credit Securitization di Torelli e Lombardi
è rimasta a bocca asciutta. E lo Stato, ha mantenuto
in cassa 57 milioni di euro grazie al magistrato di Potenza,
quello con la moto e i capelloni e il cognome che, come
ha scritto Il Riformista vuol dire cazzo di legno. Proprio
lui.
Micromega, 1/2004